lunedì 1 gennaio 2007

Giro del lago di Garda 2014, di Ermete Pastorio

Le idee migliori nascono all’improvviso, s’insinuano nella mente e scacciano ogni altro progetto o programma calcolato e predisposto, magari da lungo tempo. Alla fine di giugno mi ero preso una settimana di ferie per fare il giro dell’isola d’Elba in kayak assieme ad altri tre miei carissimi amici. Per la stessa settimana, altri amici kayakers del gruppo 1°CR.K360 di Salò (associazione alla quale anche io sono iscritto), avevano organizzato, grazie all’instancabile Paolo Soncina (e alla paziente sua consorte Daniela), il giro del Garda in kayak per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alla donazione di organi. L’idea di questo giro del Garda è nata alcuni anni fa, inizialmente tra gli ospedalieri di Brescia. Poiché il nostro giro all’Elba è saltato all’ultimo minuto, per vari problemi, ho telefonato al mitico Paolo e gli ho detto: “Io vengo a fare il giro del Garda, m’iscrivo, però lo faccio di corsa anziché in kayak”. Il buon Paolo, persona caratterialmente molto tranquilla, non mi ha detto di no. Ci siamo subito accordati, di massima, che avrei firmato una liberatoria, avrei dovuto correre da solo e rispettare il codice della strada e che avrei cercato di far coincidere le mie soste con le tappe dei kayak. Rimaneva irrisolto il problema delle gallerie bresciane da Toscolano a Riva del Garda, neanche pensare di attraversarle correndo, troppo pericoloso, quindi ci siamo accordati che avrei utilizzato un kayak per baipassare le gallerie, percorrendo una o due tappe col gruppo, almeno fino a Riva o addirittura fino a Malcesine.
Pochi giorni dopo, il martedì mattina della partenza per il giro, di buon’ora, mi sono presentato alla Lega Navale di Desenzano. Il lago mugugnava e faceva ballare le onde sotto un cielo nuvoloso e carico di pioggia, si vedevano le onde bianche al largo che alzavano le creste mentre il vento portava via gli spruzzi. I partecipanti alla spedizione, italiani, tedeschi e un paio di svizzeri, erano già sul posto e preparavano le barche. Dopo i calorosi saluti di rito con i ritrovati amici, ho consegnato i miei bagagli al camper che l’AIDO di Brescia aveva messo a disposizione per il trasporto: uno zaino, una borsa e la tenda da campeggio. Avevo già fatto il giro del lago in kayak gli anni precedenti e conoscevo alla perfezione l’organizzazione: tappe, soste, campeggi e distanze. Gli anni precedenti avevo anche stretto un forte legame di amicizia con i membri della spedizione. Dopo le foto di rito, li ho aiutati a mettere le barche in acqua e li ho visti partire, poi sono salito sulla strada e ho guardato verso nord in direzione di Salò, forse un attimo di esitazione e poi via.  
Mi sono sentito solo dopo lo scoppio di calore e di saluti di pocanzi e, forse per l’emozione, avevo iniziato correndo troppo veloce. Quando ho preso coscienza del fatto che avrei dovuto misurare le forze, ho rallentato ad un passo tranquillo continuando a percorrere la trafficatissima gardesana cercando i marciapiedi o la pista ciclopedonale. In questo tratto di strada, la possibilità di correre in sicurezza per un pedone sono poche, occorre fare attenzione, indossare abbigliamento appariscente e correre contromano. Il lago, che nel frattempo si era calmato, scivolava via alla mia destra, seminascosto dalle ville e dai giardini privati. Dopo pochi km sono arrivato a Padenghe, la prima tappa per la colazione, e ne ho approfittato per calcolare i tempi. Ero arrivato prima dei kayak, non era facile far coincidere le soste perché i kayak ed io facevamo percorsi diversi a velocità diverse. Dopo la colazione e dopo aver atteso che tutti i tedeschi bevessero il cappuccino, siamo ripartiti e di nuovo mi sono trovato solo. La strada ha iniziato a salire dolcemente verso Moniga (tappa saltata) e verso Manerba. A Manerba ho fatto una deviazione per allontanarmi dal traffico e, seguendo un cartello che indicava la strada panoramica, sono finito nel centro storico, dove ho ammirato le stradine antiche con acciottolati e case in pietra. All’ingresso del paese c’è una fontana con acqua buonissima. Quando finalmente ho iniziato a percorrere la strada panoramica, il paesaggio è cambiato: il lago sempre sulla mia destra, si vedeva in lontananza, dopo la valle verdeggiante e umida, appariva luccicare riflettendo la luce del sole e lasciava presagire che la giornata sarebbe stata tersa e calda. Poche automobili a disturbare la corsa mentre la stradina ha iniziato a curvare su un saliscendi che attraversava gli uliveti e la campagna. Il caldo e la sete si facevano sentire, ma avevo una sufficiente riserva d’acqua. Un paio di volte ho chiesto indicazioni ai passanti (per sicurezza), ma il lago, quando faceva capolino tra le colline e gli ulivi, era sempre alla mia destra. Ho cercato di indovinare la discesa per San Felice del Benaco ed ho avuto fortuna arrivando proprio sul molo dove l’AIDO aveva preparato il gazebo per il pranzo: panini e bevande varie. I kayak sono arrivati dopo circa mezzora e nell’attesa ho fatto il bagno. Abbiamo pranzato assieme, chiacchierato a lungo e preso il sole. Dopo i caffè (cappuccini per i tedeschi), siamo ripartiti. E’ dura rimettersi in moto dopo una lunga sosta e il pranzo, anche se leggero, servono un paio di chilometri per far ripartire le gambe. La stradina asfaltata si è arrampicata sinuosa serpeggiando sulle colline tra ulivi, vigneti, ville e campagna, mentre la baia di Salò si allargava davanti a me. Seguendo la costa con lo sguardo, oltre la baia, ho cercato di individuare, dove si trovasse la mia tappa finale: Toscolano Maderno. Ancora ulivi e colline, poi la stradina ha iniziato a scendere verso Salò, per finire in via delle magnolie e quindi ho corso sul lungolago tra turisti e bagnanti. Cominciavo a sentire il peso dei chilometri. Sapevo dove sarebbero arrivati i kayak ma non avevo idea dei tempi di attesa. I kayak, facendo il giro dell’isola di Garda che si trova all’ingresso della baia di Salò, come ogni anno, rallentando per ammirare lo spettacolare castello. Nel luogo destinato alla tappa, sul lungolago a Salò, ad attenderci, c’era una tavola imbandita con frutta varia e pizzette, se non ricordo male, tutto offerto dall’amministrazione comunale. Io ho atteso pazientemente l’arrivo degli altri. Dopo la merenda, i discorsi con gli amministratori e il locale gruppo dell’AIDO e lo scambio di doni, siamo ripartiti e di nuovo mi sono trovato solo con la strada che scivolava lentamente facendo scorrere case, giardini, ville e alberghi. Ancora dovevo cercare di indovinare il percorso migliore per evitare il traffico della gardesana. Le gambe giravano bene e, di quando in quando, una pista ciclo-pedonale mi ridava un po’ di ossigeno. Quasi inaspettatamente mi sono trovato alla fine del mio viaggio giornaliero: Toscolano Maderno … finalmente. Facendo la somma delle varie tappe, mi sono risultati 32 chilometri fatti complessivi in giornata. Per la notte eravamo ospiti di un centro che si occupa di assistenza a persone con disabilità, ci avevano messo a disposizione il parco su cui abbiamo aperto le tende.  Nell’attesa che arrivassero anche i kayak, mi sono mosso alla svelta per prendere i miei bagagli, posizionarmi con la tenda e fare la doccia. Quando sono arrivati gli altri, li ho aiutati nel tirare in secca le barche e abbiamo subito socializzato rinsaldando le amicizie, tutti felici di avere percorso il primo tratto di lago col tempo clemente nonostante le previsioni, tutti con storie da raccontare o battute per riscaldare il clima. L’allegria e la stanchezza erano tangibili. Rispetto all’anno precedente c’era un ragazzo, Andrea, che faceva il giro col SUP (tavola e remo) e una ragazza, Annarita, che utilizzava un kayak forse più adatto al fiume che non al lago. Senza nulla togliere ad Andrea, mi sono sentito in dovere di socializzare con la ragazza, anche se, in realtà, quello orfano ero proprio io, perché i miei amici dell’anno prima non partecipavano a questa edizione. Per la cena, la locale sezione dell’AIDO ci ha preparato uno strepitoso spiedo con polenta. Per primi sono stati serviti gli altri ospiti speciali del centro che ci ha accolto: ragazzi e ragazze con serie difficoltà e diverse disabilità. Poi è arrivato il nostro turno. La serata è volata via ciarliera, allegra e vivace. Tante chiacchiere, spiedo e vino, bella compagnia. Prima che finissimo di consumare i dolci preparati dalle signore (e Tina ha vinto la gara delle torte), è iniziato a piovere e, alla spicciolata, tutti abbiamo corso sotto la pioggia per raccogliere questo o quell’indumento stesi ad asciugare. Io avevo fatto e steso il bucato. Acqua, tuoni e lampi ci hanno accompagnato per gran parte della notte. L’indomani, per accordi presi con Paolo, avrei dovuto prendere un kayak e una pagaia a me sconosciuti e, assieme agli altri, saremmo dovuti arrivare a Riva del Garda: 38 km. Il lago urlava la sua rabbia e faceva alzare e sbattere le onde contro la spiaggia. Credo perfino di essere riuscito a dormire qualche ora. Quando mi sono svegliato, albeggiava e sembrava che il tempo fosse clemente con noi. Abbiamo raccolto sacche e tende mentre la pioggia arrivava solo a tratti. Io non ero sufficientemente vestito per affrontare onde e pioggia battente in kayak, avevo solo un impermeabile leggero e poco altro. Tutto il mio abbigliamento era predisposto per la corsa. E proprio la corsa mi ha salvato, ho fatto quello che ogni corridore al mio posto avrebbe fatto: ho cercato - e trovato - dei sacchi neri per la spazzatura. Sono stato tra i primi a scendere in acqua, volevo provare il kayak e cercare di conoscerlo prima di avventurarmi sulle onde. Siamo partiti, come sempre in questi casi, spinti da quella sottile incoscienza che indirizza gli sportivi dove le persone “normali” non andrebbero mai. La pioggia ha iniziato a scendere fitta mentre le nuvole si facevano sempre più nere. I tuoni esplodevano vicini e i lampi squarciavano le nubi. Alcuni di noi avevano le pagaie in carbonio e Paolo ha giustamente deciso di fare una tappa in attesa che si calmasse la burrasca. Anche Andrea, in piedi sulla tavola, aveva una pagaia in carbonio. Siamo scesi in una spiaggia mentre diluviava. Zuppi, ma ancora pieni di entusiasmo. Un chiosco ci ha fatto dei cappuccini caldi (tre euro l’uno). Io mi sono messo un sacco dell’immondizia, a mo di blusa, sotto il salvagente e uno sopra. Per me era assolutamente normale ma per gli altri forse meno. Quando siamo ripartiti, ero perfettamente isolato dalla pioggia, avevo la schiena e il torace all’asciutto e il paraspruzzi mi difendeva dalle onde. Dopo la partenza ci siamo accorti che una delle due barche a motore, che per sicurezza ci accompagnavano, era sparita. Semplicemente il barcaiolo l’aveva abbandonata sulla spiaggia e se n’era andato. Questo fatto ha causato alcuni problemi agli altri barcaioli che hanno dovuto tornare indietro per recuperare il natante. La pioggia e le onde ci hanno accompagnati per un lungo tratto e poi il lago è cambiato. In una giornata al lago si possono trovare tutte e quattro le stagioni. Le nuvole non ci hanno mai lasciato ammirare il sole che, da parte sua, faceva il possibile per squarciarle e riscaldarci mentre le onde si erano calmate. La sponda orientale del lago scompariva a tratti tra la nebbia e le nubi e poi ricompariva, grigia e fredda. Il monte Baldo aveva la vetta avvolta da una coltre di nubi fitte, ma si riusciva a indovinare la presenza della funivia osservando il versante della montagna. A Campione del Garda ci siamo fermati per il pranzo e ci è arrivata la notizia che a Riva del Garda, dove avremmo dovuto aprire le tende per la notte, era allagato. Paolo è riuscito a trovarci un posto per dormire a Limone, messo a disposizione dal comune: la palestra. Il lago nel frattempo si era abbastanza calmato e il vento ci spingeva. Siamo arrivati a Limone stanchi, ma felici di avere percorso un’altra tappa. Andrea, approfittando delle onde e del vento a favore si è invece diretto a Riva gel Garda. Prima della doccia, Annarita ed io abbiamo fatto una corsetta di mezz’ora. Io ho fatto il bucato e l’ho steso sulla rete della porta da calcio. Dopo una doccia calda e la predisposizione dei giacigli per dormire siamo andati tutti assieme in pizzeria. La mattina seguente sono ripartito col kayak. Ancora onde. Belle onde e siamo partiti tribolando non poco. Il tragitto verso Riva del Garda è stato, come sempre, molto impegnativo. Avevo preso dimestichezza col kayak ma non riuscivo a governarlo molto bene. Poi Paolo, a un chilometro da Riva, ci ha fatto girare a destra per attraversare il lago. La traversata è stata burrascosa, io remavo solo a destra perché il vento mi buttava verso destra e dovevo continuamente correggere. In queste condizioni, tutti assieme, abbiamo raggiunto l’altra sponda, dove il vento e le onde sono scomparsi all’improvviso. Da qui e verso Malcesine, è stata una passeggiata. Siamo arrivati al campeggio in anticipo. Abbiamo messo in secca le barche e ci siamo preparati per la salita sul Baldo con la funivia. Abbiamo pranzato tutti assieme, indossando le maglie dell’Aido, nella baita sulla vetta. Io, Tina, il buon Giosuè (medico), Giuseppe (altro medico), Andrea (con le scarpe medievali), Annarita (maratoneta) e Mariagrazia (camminatrice e infermiera), Romi (che poi si è persa) e Jürg (che si è fatto tutto il lago su una canadese con remo a destra), siamo scesi a piedi dal Baldo e tutti, chi più chi meno, siamo scivolati sulla roccia resa scivolosa per la pioggia. A Tina facevano male i piedi e l’abbiamo caricata a forza su una Panda di passaggio guidata da un tipo strano che aveva il sedile lato passeggero rotto e con lo schienale abbassato. Poi ci siamo preoccupati, ma oramai era tardi. Tina, per fare uno scherzo a Mariagrazia, che era andata avanti, si è abbassata sul sedile. Mariagrazia vedendo passare la panda con una persona stesa sul sedile, da buona infermiera si è preoccupata e ha pensato che avessero bisogno d’aiuto. Noi eravamo piegati in due e, dal ridere, non riuscivamo più nemmeno a respirare. Durante la discesa ha anche iniziato a piovere e io, in campeggio, come gli altri, avevo steso il bucato. La Romi è arrivata in campeggio, facendo un largo giro, poco prima che tutti iniziassimo a preoccuparci per il ritardo. Anche Andrea, con le scarpe medievali, è arrivato in campeggio. Se non ricordo male Jürg è arrivato in campeggio prima di noi, chissà da dove è passato.
Il mattino dopo, si è aggiunta al gruppo Cinzia che ha preso il kayak utilizzato da me nei due giorni precedenti. Io ho ricominciato la parte del tragitto di corsa e sono partito prima dei kayak per fermarmi dopo un chilometro per la colazione. Ho atteso il passaggio delle barche e li ho accompagnati dalla pista ciclabile correndo lentamente fino alla tappa dei 7 km dove tutti ci siamo fermati per la colazione. Io avevo già mangiato, a posta, in anticipo per digerire prima della corsa. Poi via, su una pista ciclo-pedonale bellissima, che affianca il lago, a tratti sassosa, affiancata da oleandri in fiore, lasciandomi alle spalle le nubi e incontrando ogni tanto qualche corridore con cui scambiavo il saluto di rito. La passeggiata attraversa paesini da cartolina: Brenzone, Castelletto e Pai, poi Torri del Benaco, la nostra tappa giornaliera, 28 km complessivi. A Torri ho atteso di nuovo l’arrivo dei kayak, ci siamo messi le maglie dell’Aido e abbiamo fatto le foto di rito con gli amministratori. Abbiamo occupato il posto per la notte nella palestra messa a disposizione dal comune, sotto la torre del castello. Docce e poi il pomeriggio liberi. Annarita ed io abbiamo fatto una leggera corsetta e poi il bagno nel lago. Ci siamo ritrovati tutti, passeggiando lungo le vie della cittadina e abbiamo visitato il castello (visita gratuita per noi). Abbiamo cenato nella palestra con cibo e tavoli preparati dai volontari. Io conoscevo la palestra e sapevo che c’è una sola stanzetta dove si riesce a dormire, ovviamente mi sono accaparrato il posto e Cinzia, Mariagrazia e Mara hanno fatto altrettanto. Gli altri erano sistemati nella parte larga della palestra e in un'altra stanza. Dopo cena siamo usciti in gruppo per il gelato. Nella nostra saletta VIP sono riuscito a dormire qualche ora. La mattina dopo, di buon’ora, ci siamo preparati per la partenza. Il lago era calmo. Io ho accompagnato i kayak con lo sguardo e sono salito, correndo, lungo la Gardesana. Cercando una pista ciclo-pedonale, sono finito in una proprietà privata e per uscirne ho dovuto scavalcare una recinzione con filo spinato mentre un cavallo bianco mi guardava incuriosito. Lungo il percorso ho incontrato due serpenti innocui della razza Coronella austriaca, hanno il manto e la forma che imita le vipere. Siamo arrivati nella cittadina di Garda e ci siamo fermati alla Lega Navale per la colazione. Sono ripartito, ancora solo, ho corso sul lungolago, cercando di schivare i turisti, fino a Bardolino e poi Lazise. A Lazise sono arrivato in anticipo sui kayak e mi sono diretto nel luogo dove avremmo pranzato (che conoscevo). Cercando una stanza per cambiarmi ho scoperto le docce e ne ho approfittato. Docciato, rilassato e con la maglia dell’Aido pulita, sono tornato sull’arenile per attendere i kayak. Abbiamo pranzato tutti assieme su un’unica lunga tavolata e poi abbiamo fatto una corta passeggiata nel centro storico per cercare di digerire l’ottimo cibo. Io, per tenermi leggero, ho rinunciato a malincuore al secondo e mi sono dovuto accontentare di una pasta alle verdure. La partenza da Lazise è stata lenta e pesante, forse per il pranzo o forse per la lunga pausa. Anche Erika col suo SUP si è aggiunta al gruppo, così come altri membri già da Malcesine. Non sono riuscito a trovare la pista ciclo-pedonale e quindi ho corso fino a Peschiera percorrendo la trafficata gardesana. Sono passato davanti a Gardaland e altri parchi. A Peschiera, la locale sezione dell’Aido aveva preparato per noi un gazebo con un lauto ristoro. Ho aspettato i Kayak che hanno fatto il giro del canale attorno alle mura della fortezza e, dopo avere fatto la merenda tutti assieme, sono ripartito verso il centro che ci ospitava per la notte. Arrivando prima degli altri, mi sono piazzato con la tenda e ho fatto la doccia senza code. Annarita ha aperto la tenda non lontano da me e così ha fatto anche Claudio, i tedeschi lungo la recinzione e altre tende sparse. Mariagrazia è dovuta scappare per fare la notte al lavoro con l’intenzione di tornare l’indomani per l’ultima tappa. La cena è stata preparata e servita dai volontari che si dedicano a soccorrere persone in difficoltà economiche offrendo un pasto caldo e una doccia nel centro che ci ospitava. Dopo la cena Paolo ha fatto una lotteria con ricchi premi e quasi tutti hanno vinto qualcosa. Al momento di dormire, l’incredibile ed esuberante Cinzia si è messa a chiacchierare e a fare comunella con i ragazzi che si erano aggiunti a noi per l’ultima tappa. Io avevo bisogno di dormire e quindi ho fatto la “tartaruga” trascinando la mia tenda in un'altra zona. Purtroppo, così facendo, ho variato la geografia del campeggio e il buon Claudio, che nella notte buia si orientava contando le tende si è trovato in difficoltà. Finalmente ho dormito un sonno profondo, forse favorito dall’erba su cui era posata la tenda o forse, semplicemente, sono crollato dalla stanchezza. La mattina dopo, abbiamo fatto una colazione abbondante ed io ho cercato di scambiare qualche parola con i tedeschi. Mara mi ha detto che con suo marito fanno spesso i sentieri sopra le gallerie bresciane e quindi ci siamo accordati per una spedizione assieme, voglio studiarmi i sentieri per l’anno prossimo. Alla partenza dell’ultima tappa, ho finalmente visto presentarsi Beppe e Mario: mitici compagni d’avventure con cui sarei dovuto andare all’isola d’Elba. Mariagrazia era tornata e assieme a Annarita non si sono lasciate sfuggire l’occasione di sfottermi un po’ di fronte ai miei amici e gli ha detto: “Non ne potevamo più di Ermete, sentiva la vostra mancanza e era sempre appiccicato a noi”. Poi ho visto i kayak partire per l’ultima volta. Io, di nuovo solo, ho iniziato a percorrere il lungolago, dove da bambino mio papà mi portava con la lambretta 150. Ha iniziato a scendere qualche goccia a poi ha iniziato a piovere. Ho raggiunto Sirmione percorrendo l’ultimo tratto tra giardini fioriti e viali alberati. Ho visto il castello ma ho rinunciato a fermarmi. Ho avvisato Paolo che non mi sarei fermato con loro per la merenda e sono ripartito verso Desenzano. Pioveva. La strada è scorsa sotto i miei piedi velocemente e la pioggia mi dava vigore. Alcune volte mi sono fermato a guardare il lago e in lontananza si scorgeva, tra la foschia, l’altra sponda. Lontana e misteriosa. Quando ho visto l’indicazione: “Desenzano 5 km” mi sono commosso e la pioggia galeotta copriva la mia emozione. All’arrivo alla Lega Navale di Desenzano il mio GPS mi dava 25 km percorsi nella giornata. Nell’attesa dei kayak mi sono fatto la doccia ma non avevo indumenti asciutti perché il camper dell’Aido, con le borse, non era ancora arrivato. Alla Lega Navale mi hanno regalato una maglietta di cotone, bella, calda, asciutta, col logo della Lega Navale e mi hanno anche ospitato a pranzo. Quando i kayak sono finalmente arrivati c’è stata un’esplosione di allegria e di fermento. Pioveva. Abbiamo tirato in secca le barche per l’ultima volta e, dopo le docce e dopo aver caricato i kayak sulle auto, tutti si sono preparati per la merenda offerta dalla Lega navale. Io avevo già pranzato e volevo andarmene alla svelta, sia perché avevo due ore di strada da fare e sia perché i miei famigliari mi attendevano. Dopo aver salutato tutti, prima di scappare via, Paolo mi ha dato un diploma del giro e una medaglia che ho apprezzato moltissimo. Noi corridori riceviamo medaglie ricordo alle maratone o alle corse importanti, ma questa medaglia era speciale. Il distacco dal gruppo è sempre carico di commozione, ma ogni volta ci lasciamo convinti di ripetere questa straordinaria avventura. Annarita ha detto che l’anno prossimo vuole farsela di corsa, Tina invece in bici. Vedremo. Con l’aiuto di Mara e suo marito, occorre trovare e provare, il sentiero per bypassare le gallerie bresciane e sarebbe interessante aggiungere “il carico da 11” inserendo la salita sul Baldo a piedi partendo da Malcesine (+1700 su soli 5 o 6 km). Col senno del poi ho valutato che c’è la possibilità di lavare e stendere l’abbigliamento della corsa giornaliera, in questo modo si può indossare la stessa maglia che dovrebbe essere tecnica e con il logo della manifestazione. Non vanno sottovalutati i cambi di temperatura e gli sbalzi d’umore del lago, quindi serve un abbigliamento completo, anche semi-pesante. Particolare attenzione va posta ai tratti di strada trafficata. La corsa, non particolarmente impegnativa, riserva forti emozioni sotto il profilo umano, per i forti legami di amicizia che si creano, e sotto il profilo sportivo per la spettacolarità delle vedute sul lago e perché si ha la tangibile sensazione della “dimensione” della distanza guardando l’altra sponda. Da sopra il monte Baldo, se c’è bel tempo, si riesce a vedere quasi tutto il lago e dopo un primo momento d’incredulità, l’emozione che si prova al pensiero di averne percorso il perimetro è molto forte. 

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